Con sentenza 8 maggio 2019, n. 12174 (Sentenza Cassazione n. 12174-19) la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che “l’insussistenza del fatto materiale contestato” di cui all’art. 3, comma 2, d.lgs. 23/2015 equivale alla “insussistenza del fatto contestato” di cui all’art. 18, comma 4, Legge 300/1970, nonostante la diversità terminologica utilizzata nel primo e nel secondo caso dal Legislatore, attribuendo, così, continuità di significato alla nuova disciplina rispetto all’approdo interpretativo che era stato raggiunto, a livello giurisprudenziale, con riferimento alla disciplina di cui allo Statuto dei Lavoratori. Nulla è cambiato, dunque, rispetto al passato ed anche nel regime delle Tutele Crescenti a fronte di un fatto contestato “materialmente” sussistente ma privo di rilievo disciplinare conseguirà, come stabilito dall’art. 18 dello Statuto, l’annullamento del licenziamento e la reintegra del lavoratore, oltre al risarcimento del danno fino a 12 mensilità dell’ultima retribuzione utile ai fini del t.f.r. e alla regolarizzazione contributiva. Cadono con ciò le velleità di coloro che, basandosi sulla nuova e più stringente locuzione normativa rinvenibile nel regime delle Tutele Crescenti (“insussistenza del fatto materiale contestato” anziché “insussistenza del fatto contestato”), sostenevano che, per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, la tutela reintegratoria avesse carattere del tutto eccezionale e dovesse essere circoscritta alla sola comprovata assenza degli elementi costituivi della condotta, come realizzatasi nella realtà fenomenica, senza che potesse assumere alcun rilievo l’atteggiamento psicologico dell’agente. La Corte,invece, ritiene che, nonostante la diversità del tenore letterale delle due norme in questione, anche sotto il regime delle Tutele Crescenti al fatto accaduto, ma disciplinarmente del tutto irrilevante, non può logicamente riservarsi un trattamento sanzionatorio diverso da quello previsto per le ipotesi in cui il fatto non sia stato commesso. Pertanto in caso di licenziamento disciplinare – sia sotto il regime “Fornero” che sotto quello previsto dalle “Tutele Crescenti” il fatto contestato, oltre che sussistente deve consistere in un inadempimento contrattuale da parte del lavoratore, un comportamento che abbia il carattere della illiceità o rilevanza giuridica. Tale principio è in linea con la giurisprudenza di legittimità di questi ultimi anni (per tutte Cassazione n. 10019/2016), che ha sancito come la nozione di insussistenza del fatto contestato comprende non solo i casi in cui il fatto stesso non si sia verificato nella sua materialità, ma anche tutte le ipotesi in cui il fatto, materialmente accaduto, non abbia rilievo disciplinare o quanto al profilo oggettivo ovvero quanto al profilo soggettivo della imputabilità della condotta al dipendente e tale interpretazione va estesa, in una interpretazione costituzionalmente orientata, anche a contestazioni disciplinari nei confronti di lavoratori soggetti al regime delle Tutele Crescenti.