Con la nota n. 18244 del 30.11.2021 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito alcuni importanti chiarimenti circa l’applicabilità dell’art. 2386 c.c. agli Enti del Terzo Settore costituiti in forma associativa nell’ipotesi in cui vengano meno uno o più componenti dell’organo gestorio. Come noto, l’art. 2386, co. 1 c.c. disciplina il c.d. diritto di cooptazione degli amministratori decaduti dal proprio incarico da parte di quelli ancora in carica a condizione che la deliberazione sia approvata dall’organo di controllo della società (collegio sindacale) e che la maggioranza degli amministratori rimanga di nomina assembleare, salve le ipotesi eccezionali di cui ai commi seguenti del medesimo articolo. Appare, dunque, chiaro che il dubbio di fondo che ha determinato l’Interpello al Ministero trova origine, in primis, nell’assenza di una disciplina specifica per il caso di specie all’interno del Codice del Terzo Settore (di seguito solo “c.t.s.”) nonostante quest’ultimo contenga plurimi rinvii alle norme del codice civile (si pensi anzitutto alla lettera dell’art. 3, co. 2, ai sensi della quale “per quanto non previsto dal presente codice, agli enti del terzo settore si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice civile e le relative disposizioni di attuazione”). Ebbene, il Ministero ha concluso ritenendo che “per le Associazioni del Terzo Settore [non] si possa ricorrere de jure alla cooptazione di uno o più amministratori in sostituzione di quelli eletti”, neppure in presenza di una specifica clausola statutaria che deponga in tal senso; e ciò per due ordini di ragioni: (i) gli amministratori cooptati avrebbero gli stessi poteri di quelli eletti, nonostante nel Codice del terzo settore manchi una disposizione specifica; (ii) a differenza delle società di capitali, ove la tutela dell’interesse economico e della continuità dell’impresa possono essere anteposte, seppure temporaneamente, ai poteri assembleari, negli Enti del Terzo Settore l’elettività delle cariche da parte dell’assemblea rimane in ogni momento elemento prioritario siccome caratterizzate e connaturato a tali tipologie di Enti. Pertanto, sulla scorta di tali assunti se ne evince che non configura cooptazione: (i) l’ipotesi, anche se statutariamente prevista, in cui agli amministratori cessati dalla carica subentrino i primi tra coloro che sono risultati non eletti in occasione delle procedure di nomina dell’organo gestorio, purché il loro subentro avvenga nell’ordine di preferenza risultante dalla medesima procedura; (ii) neppure il caso in cui lo statuto dell’Ente, al fine di evitare la decadenza dell’intero Consiglio di Amministrazione, preveda che la decadenza o cessazione del Presidente si accompagni all’automatico subentro del Vice-Presidente (già individuato ed eletto dall’assemblea) ovvero al diritto dell’organo di amministrazione di eleggere il nuovo Presidente al proprio interno (anche in questo caso, infatti, tutti i componenti risulterebbero di nomina assembleare); (iii) la nomina degli amministratori effettuata da un organo diverso dall’assemblea, qualora ciò sia previsto dallo statuto e l’organo coinvolto operi nel rispetto dei principi di democraticità, pari opportunità, uguaglianza tra gli associati ed elettività delle cariche sociali (art. 25, co. 2 c.t.s.). Tali previsioni, infatti, risultano pienamente legittime giacchè idonee ad operare un corretto bilanciamento tra il principio di democraticità e l’esigenza di permettere il funzionamento dell’Ente. Al contrario, secondo le indicazioni fornite dal Ministero, la cooptazione deve ritenersi applicabile qualora l’Ente considerato sia una Fondazione e sussista una espressa clausola statutaria. Diversamente, in mancanza di tale specifica previsione, non sarà possibile l’applicazione l’art. 2386 c.c., bensì dovrà trovare attuazione la norma ad hoc di cui all’art. 25 c.c. che, appunto, demanda all’Autorità governativa ovvero al competente Ufficio del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) “la nomina e la sostituzione degli amministratori o dei rappresentanti, quando le disposizioni contenute nell'atto di fondazione non possono attuarsi”.